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UN'OMBRA SUL SENO

Recenti studi sollevano il dubbio, tuttavia, risulta incomprensibile la mancanza di correlazione tra carcinogenesi e durata della contraccezione.

L’ uso di contraccettivi J orali aumenta il rischio di cancro? Più che rassicurante è la risposta per il cancro dell'ovaio e per quello dell'endometrio: la pillola ha addirittura un effetto protettivo contro questi due tumori, e lo hanno provato ampi studi prospettivi e retrospettivi a lungo termine dei British Medical Research Council (Gran Bretagna) e de! National Institute of Health degli Usa.
Per il cancro della mammella e della cervice uterina, invece, il problema è ancora aperto, perché, se da un lato l'impressione globale sembra tranquil H-zante, dall'altro ben tre studi recenti suggerirebbero un'aumentata incidenza di questi tumori associata alla contraccezione orale.
Di questi studi, quello prospettivo del Royal College of General Practitioners (Rcgp, Gran Bretagna), iniziato nel 1968, indica un'aumentata incidenza del carcinoma della cervice uterina, soprattutto di quello in situ. Purtroppo, però, non fornisce informazioni sulle abitudini sessuali delle partecipanti, fattore rilevante, data l'ormai riconosciuta importanza delle infezioni nell'eziologia del cancro della cervice: sarebbe necessario, perciò, confrontare donne che assumono la pillola anticoncezionale e donne che usano altri metodi non di barriera.
Nonostante i suoi evidenti limiti, questo studio, con quello di M. P. Vessey e collaboratori di Oxford, restano gli unici prospettivi a lungo termine già avanzati, mentre per avere dati da nuovi studi bisognerà attendere venti anni.
Per il cancro della mammella, quattordici studi pubblicati fino dal 1980 non rilevavano aumento dei rischio correlato all'uso della pillola, mentre Shapiro e collaboratori, in un ag-giornamento'ancora in stampa dello studio di Boston, rilevano un raddoppiamento del rischio di cancro mammario nelle donne sotto i quarantarin-que anni che usano la pillola, contrariamente a quanto sembrava emergere dallo stesso studio in base ai dati fino al 1981
Anche qui, però, l'assenza di correlazioni significa- ' tive con la durata e l'età di inizio dell'uso lascia perplessi, perché si ritiene che gli ormoni promuovano ma non inizino la carcinogenesi e quindi la durata dell'uso dovrebbe essere rilevante.
E ancora: una revisione aggiornata del Cancer and Steroid Hormone Study Group non rileva aumento del rischio, mentre un nuovo lavoro del Rcgp indicherebbe un rischio aumentato limitatamente alle donne minori di 35 anni (anticipazione di un cancro che sarebbe emerso comunque dopo?).
Come mai ancora tante incertezze? In parte, ciò è legato alla tendenza a privilegiare le ricerche prima dell'affermazione di un farmaco sul mercato, rispettò a quelle sulla fannacovigi-lanza negli anni successivi: si pensi che per desogestral e gestodene. già in uso in -Europa, si sta spendendo per gli studi richiesti per l'approvazione in Usa dalla Fda una cifra che potrebbe finanziare lo studio Rcgp per altre decadi.
Oltre a un mutamento di tendenza in questo campo, sarebbero auspicabili maggiori ricerche sull'eziologia del cancro mammario, che potrebbero anche influenzare i costumi in campo di allattamento al seno e maternità precoce. Infine, non va dimenticato che le pillole in uso oggi contengono ormoni in dosi molto inferiori a qualche anno fa.

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