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Colecistectomia ok in laparoscopia

Una casistica statunitense di oltre 1.500 interventi riferisce soltanto il 4,7 per cento di insuccessi. I vantaggi clinici ed estetici

Dilagano in tutti i paesi avanzati gli interventi per via laparoscopica. Ora è la volta delle colecistectomie. Il via risale al 1987, quando a Lione Philippe Mouret ha eseguito la prima. A distanza di appena quattro anni il Southern surgeons club, che raduna" chirurghi generali di alcuni stati americani del Sud, pubblica sul New England una review di oltre 1.500 colecistectomie laparo-scopiche, eseguite in altrettanti casi di calcolosi della colecisti. I risultati ottenuti, con una tecnica ancora in fase di collaudo per la manualità di tutti gli operatori, sono da considerare davvero lusinghieri.

Soltanto in 72 dei 1.518 pazienti operati per via laparoscopica si è dovuto ricorrere alla laparotomia per sopravvenute complicazioni o per necessità di ordine operatorio (scarsa visualizzazione dei visceri). Come dire che

gli insuccessi si limitano al 4,7 per cento nella casistica americana. È evidente che si tratta di insuccessi relativi, nel senso che anche questi interventi sono andati a buon fine, ma il paziente ha dovuto subire un'incisione addominale (e una conseguente cicatrice lapa-rotomica), che avrebbe invece voluto evitare.

Questa prova generale "made in Usa" della colecistectomia laparoscopica è quindi dì segno largamente positivo. Sembra dar ragione a un clinico chirurgo italiano. Alberto Montori dell'Università di Roma, quando scrive: «Potremo dire con Cuschieri e Terblanche che la cosiddetta "minimal access surgery" rappresenta un'autentica evoluzione della chinirgia e non una rivoluzione». Con la nuova tecnica si evita l'ileo paralitico, si riducono dolore e degenza, si rende infine un servizio all'estetica della persona, lasciando ìntegra la parete addominale.

nim

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