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CURARE IL CLIMATERIO PREVENIRE OSTEOPOROSI

I dati comprovanti il favorevole rapporto rischio/beneficio delle terapie tradizionali oltre che la messa a punto di una serie di approcci terapeutici nuovi hanno portato a considerare il trattamento dei disturbi che accompagnano il climaterio non solo possibile, ma raccomandabile.

Questo vale soprattutto per quanto riguarda la prevenzione delVosteoporosi le
cui conseguenze comportano rilevanti costi sia in termini di sofferenza che in
campo socio-economico. In questo articolo vengono passati in rassegna
i formaci attualmente disponibili nel campo della terapia e della prevenzione
dei disturbi del climaterio e delVosteoporosi e vengono tracciate linee guida utili
al medico generale per impostare un trattamento adatto alla singola paziente.

Sino a qualche anno fa molti medici ritenevano che il trattamento dei disturbi del climaterio fosse una scelta facoltativa, da sconsigliare in generale e da adottare solo in pazienti che lo richiedessero esplicitamente. Attualmente si è presa coscienza che anche le turbe soggettive del climaterio (vampate ecc.) possono essere tali da ridurre notevolmente il livello di qualità della vita, così che il loro trattamento è non solo consentito, ma auspicabile. Questa è la conseguenza di un'ampia serie di dati comprovanti il favorevole rapporto rischio/beneficio degli approcci terapeutici tradizionali, oltre che della messa a punto di una serie di approcci terapeutici nuovi.
È ora il momento di fare un passo ulteriore, e cioè di considerare che quando una paziente, lamentando l'uno o l'altro dei disturbi del climaterio/menopausa, si presenta al medico, questi ha l'occasione di prendere iniziative di grande rilievo in termini di medicina preventiva.

Ci si riferisce non tanto, o non solo, alla prevenzione delle turbe di-strofiche dell'apparato genitale esterno e delle basse vie urinarie, che costituirebbe comunque già un atto di rilievo per la qualità della vita e il benessere negli anni post-menopausali, quanto, piuttosto, alla prevenzione dell'osteoporosi e delle sue temibili conseguenze cliniche, l'una e le altre in questi ultimi mesi ampiamente discusse per ciò che concerne sia la vastità del problema sia i costi, non solo in termini di sofferenza, ma anche economico-sociali che ne derivano. In questi ultimi anni, da un lato si sono venute precisando le strategie per l'impiego di farmaci volti a prevenire o a ritardare la perdita di tessuto osseo; dall'altro, entro determinati limiti, sono stati fissati i criteri per individuare le donne che dall'impiego dei farmaci stessi possono trarre i maggiori benefici, vale a dire i soggetti maggiormente a rischio di sviluppare le conseguenze cliniche dell'osteoporosi post-menopausale. È noto che quando queste conseguenze siano già presenti (osteoporosi sintomatica) le possibilità terapeutiche sono assai limitate e tali, al più, da prevenire un ulteriore peggioramento. È all'epoca della menopausa, intorno ai 50 anni, che la considerazione del potenziale problema da parte del medico può dare i risultati migliori.

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