SI CURAVANO CON LA MAGIA MA ASSISTITI DAL “DOTTORE”

Spesso quello che sappiamo della cultura indiana si limita alle numerose pellicole che Hollywood per decenni ci ha mostrato, trasmettendoci di volta in volta o la barbarie di questo popolo o la visione romantica del "buon selvaggio" cacciato e perseguito dall'uomo bianco. E proprio a causa di questa conoscenza "filmica" una delle immagini che abbiamo ben stampate nella mente è quella dello sciamano 0 stregone di turno, intento a preparare intrugli e impacchi di erbe medicinali o a danzare perché possa cadere la pioggia.
Per nostra fortuna le pubblicazioni e le testimonianze su questo popolo si fanno man mano più numerose, e sebbene la loro storia talvolta ci possa sembrare lontana e incomprensibile, studiandola ci si accorge di quanto possiamo apprendere del nostro più remoto passato proprio con il confronto
con questa cultura. Senza poter fare distinzione tra le varie e diverse tribù che vissero nel Nord America (Sioux, Irochesi, Fox, Piedi Neri, Navaho, ecc.) possiamo dire che gli Indiani, in generale, avevano una conoscenza eccezionale della natura, con la quale instauravano un rapporto quasi spiritua

le. Erano buoni conoscitori delle piante, non solo ad uso alimentare, ma anche terapeutico. In molte tribù lo sciamano, l'uomo sacro, era addetto alla pratica della medicina, in virtù soprattutto dei suoi rapporti con gli spiriti e con le divinità, mentre in altre esisteva ben distinta la figura del medico (detto "uomo" o "donna-medicina "), che utilizzava il bagaglio della sua esperienza durante i riti di guarigione, conoscendo il segreto di quando raccogliere e come preparare le varie erbe medicinali. Per questo la tribù dei Navaho, il cui nome già significava "colui che sa", esisteva una netta distinzione tra lo sciamano e l'uomomedicina: lo sciamano veniva consultato affinché scoprisse la causa della malattia e a lui spettava la scelta del medico che sarebbe dovuto intervenire. Infatti l'apprendimento dell'arte medica e dei suoi vari rituali (danza, canto e quant'altro) era così complessa che non era possibile conoscere e mettere in pratica più di un certo numero di rimedi. Esistevano quindi vari "uomini-medicina" specializzati in campi diversi, e bisognava interpellare l'uno p l'altro a seconda del caso. Per le necessità più semplici e malattie meno gravi era possibile comunque consultare direttamente il medico e solo nel caso di un suo fallimento si ritornava a chiedere l'intervento dello sciamano. La cura sciamanica infatti era rivolta principalmente alla rimozione diretta della causa del male, più che alla sua reale cura e, visto che era credenza comune che ogni malattia fosse prima un problema spirituale che poi coinvolgeva il corpo, il trattamento della sciamano era essenzialmente psicoterapeutico. Generalmente si credeva che le varie malattie fossero in qualche modo provocate da spiriti maligni che si scagliavano contro l'ammalato, colpevole di aver contravvenuto a uno dei tanti tabù a cui gli Indiani si dovevano attenere (ad esempio il rispetto dei rituali, delle leggi e degli spiriti). Ma le malattie potevano essere indotte anche da chi era in contatto con il mondo soprannaturale o da elementi esterni (in genere vermi o altri piccoli animali) che entravano nel corpo dell'uomo interrompendone l'armonia ed il giusto equilibrio. Ci si poteva ammalare inoltre per la perdita dello spirito e quindi dell'anima; in questo caso l'intervento dello sciamano era indispensabile perché solo lui poteva ritrovare e ricondurre l'anima dell'ammalato al suo legittimo proprietario. Se ciò non avveniva per tempo il male poteva peggiorare velocemente e condurre lo sventurato alla morte. Gli strumenti terapeutici che ogni sciamano utilizzava nei suoi riti erano un sonaglio, un tamburo e quello che era contenuto nella sua borsa di medica, di solito una serie di amuleti accompagnati da erbe e radici medicinali.