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«Imitar col canto chi parla»: l''Euridice', madre di tutte le opere in musica.

Dove, se non a Firenze, centro culturale e artistico del Rinascimento appena conclusosi, avrebbero potuto
riunirsi quel gruppo di uomini di cultura, letterati e musicisti della cosiddetta Camerata de' Bardi (o
Camerata fiorentina) a cui è storicamente attribuita la paternità intellettuale dell'opera in musica.

Per un breve periodo, che va dal 1576 al 1582, la Camerata fiorentina si è riunita in casa di Giovanni Bardi,
conte di Vernio; tra i suoi componenti più illustri troviamo personaggi del calibro di Vincenzo Galilei, Iacopo
Peri e Giulio Caccini, musicisti, e Ottavio Rinuccini, l'unico poeta, noto per la sua attività di librettista.

Le discussioni musicali della Camerata vertevano sulla classicità musicale antica, ovvero sulla tragedia greca
e il suo rivestimento musicale: data la sua grandezza, la tragedia antica è presa a modello ideale, è oggetto di
studio ma è anche irrimediabilmente perduta, un vertice mai più raggiungibile. Al centro dei loro discorsi
musicali c'era, quindi, la musica antica e il suo potere di muovere gli "affetti", la sua forza etica e
sentimentale. All'epoca, idee estetiche di questo tipo erano molto diffuse.

Alla Camerata è quindi attribuito il merito di aver concepito il melodramma ma non come tentativo di
restauro musicale della tragedia greca, piuttosto come nuovo e moderno genere di rappresentazione teatrale
che gli si ispira. In realtà, l'opera in musica ha radici nei secoli precedenti ma si caratterizza e viene
codificata a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, affermandosi in ambiente mediceo fiorentino.

La storia dell'opera si apre nell'anno 1600; più precisamente, il 6 ottobre 1600 è convenzionalmente
considerata la data di nascita del melodramma, data della prima rappresentazione dell'"Euridice".
"Euridice" è il primo dramma interamente cantato di cui ci sia pervenuta la partitura;
eseguito per la prima volta a Palazzo Pitti, a Firenze, il dramma è stata un'iniziativa e a spese di Jacopo Corsi,
mecenate e dilettante di musica, in occasione delle nozze di Maria de' Medici (figlia del granduca di Toscana) con Enrico
IV di Francia, celebrate nel Duomo fiorentino il 5 ottobre dello stesso anno.

"Euridice", su libretto del già citato Rinuccini (che diviene così il primo librettista del teatro moderno),
è stata oggetto di polemiche per quanto riguarda la paternità delle musiche: queste sono interamente attribuite a Peri
ma anche Caccini contribuì musicando alcune arie. La rivalità tra i due musicisti e l'amore di Caccini per il testo del dramma,
hanno spinto quest'ultimo a musicare interamente l'"Euridice" e a dare frettolosamente alle stampe la sua partitura,
pubblicata poco dopo quella di Peri ed eseguita due anni dopo.

La vicenda dell'"Euridice" si basa sulla leggenda del mitico cantore Orfeo che riesce a ridare la vita all'amata Euridice,
morta per il morso di un serpente; Orfeo riesce a persuadere Plutone a far tornare la sua sposa nel mondo dei vivi grazie
al suo canto: la fanciulla sarà salva a patto che Orfeo non si giri a guardarla finché non saranno usciti
dagli Inferi ma il cantore cede alla tentazione e la perde per sempre. Tornato tra i vivi,
Orfeo cade in una profonda disperazione e, in conclusione, viene assunto in cielo da Apollo, dio della poesia e della musica.

Con quest'opera si instaura la consuetudine del "lieto fine" proprio della tradizione pastorale, in questo caso rappresentato dall'assunzione in cielo, la grazia cristiana; a questa consuetudine verranno fatte rarissime eccezioni nel corso del '600 operistico italiano.
Le prime opere in musica hanno in comune il titolo di "favola pastorale", all'epoca sinonimo di mito, conseguentemente alla comunanza del soggetto, di solito di tipo mitologico e ricavato dalle "Metamorfosi" di Ovidio.

A livello più strettamente musicale, questo dramma è ritenuto molto importante perché rappresenta la codificazione del "recitar cantando", una declamazione intonata che vuole «imitar col canto chi parla» (Peri).
Le prime opere in musica, risalenti ai primi quarant'anni del '600, sono opere di corte in quanto venivano rappresentate nelle corti nobili e aristocratiche; erano eventi unici, irripetibili ed eccezionali a cui aveva accesso un pubblico selezionato e che intendono celebrare soprattutto il signore che le finanzia e che rende possibile l'evento, nonché la sua sensibilità artistica nella scelta degli artisti al suo servizio; sono un'autentica ostentazione di ricchezza e sfarzo che suscitano ammirazione e, spesso, invidia e rivalità tra signori.

Anche se non è la prima rappresentazione assoluta di opera in musica, perché preceduta da altri drammi pioneristici, l'"Euridice" è la prima che può definirsi tale in senso stretto, sia per la sua costruzione interamente musicale, sia per la grande carica espressiva del linguaggio musicale e, per questo, è la vera capostipite dell'opera in musica.


Bibliografia:
• "Dalle origini alla musica vocale del Cinquecento", Elvidio Surian, Milano, Rugginenti, 1991.
• "Teorie e tecniche, immagini e fantasmi", Torino, EDT musica, 1988.
• "Teatro del Seicento" a cura di Luigi Fassò, Milano; Napoli, R. Ricciardi, 1956.
• "Il teatro d'opera in Italia: geografia, caratteri, storia", Lorenzo Bianconi, Bologna, Il Mulino, 1993.
• "Il Seicento", Lorenzo Bianconi, nuova ed., Torino, EDT, 1991.

Alexia Nottoli

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